La musica è al centro del progetto culturale di Utopia impresa che la promuove e ne incoraggia l’utilizzo come forma di narrazione alternativa per significare l’essere e il fare impresa contemporaneo. La musica – tra le più nobili forme d’arte – irrompe sulla scena per cercare di significare una realtà sempre più nebulosa, intraducibile, inspiegabile. Chiave di lettura del mondo ed elemento di rinascita per costruire una società migliore, la musica è anche una necessità dello spirito. E tra le tante definizioni possibili – fatte dalle infinite percezioni che suscita in chi l’ascolta – spicca quella di Dante nel XIV canto del Paradiso:
«E come giga e arpa, in tempra tesa / di molte corde, fa dolce tintinno / a tal da cui la nota non è intesa, / così da’ lumi che lì m’apparinno / s’accogliea per la croce una melode / che mi rapiva, sanza intender l’inno».
La musica non è comprensione, la musica è rapimento, suggerisce il sommo poeta. Non c’è nulla da comprendere nel suono: basta perdersi nell’infinito che abita dietro le note. Lo ricorda anche il celebre direttore d’orchestra Riccardo Muti che ritrova nelle parole di Mozart la dimensione più intima dell’arte musicale. «Mozart diceva che la musica più profonda è quella che si nasconde tra le note. È un’idea incredibile: tra una nota e l’altra anche se strettamente legate c’è l’infinito. Il Mistero è lì, in quello spazio che racchiude l’universo».1 È compito del musicista dare voce e interpretare la musica che sta tra una nota e l’altra, tirare fuori – come sosteneva Gustav Mahler – ciò che non è scritto ovvero l’essenziale, eseguendo rigorosamente tutto quel che è scritto nella partitura. Comporre musica oggi è forse il compito più arduo ma dal fascino intramontabile, che si esprime nella continua tensione a una bellezza incomparabile e a un’irraggiungibile perfezione, nel coraggio di affacciarsi all’ignoto, di spingersi in un altrove che non ha confini, correndo il rischio di precipitare in quella voragine di mistero che nasconde il cuore di quest’arte.


Il volo di Icaro di Jacob Peter Gowy, 1635-37. Museo del Prado, Madrid

Dal punto di vista dei significati, con il termine musica s’intende l’arte che consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni, per mezzo della voce, di strumenti o della combinazione di entrambi. È suono umanamente organizzato – così definiva la musica l’etnomusicologo e antropologo sociale inglese John Blacking – e, in quanto tale, è il prodotto del pensiero e dell’estetica della società in cui nasce.2 La musica è dunque una costruzione. È una forma di comunicazione molto sofisticata, retta da una sintassi e personalizzata da una semantica. È evocativa nella libertà che lascia a chiunque la ascolti di interpretarne il messaggio attraverso il filtro della soggettività. È una modalità di espressione che ha radici ancestrali. Si ritiene infatti che l’uomo di Neanderthal cantasse prima ancora di essere in grado di parlare e creasse strumenti a fiato con le ossa degli animali, come dimostra il flauto ritrovato, nel 1995, in una grotta nel sito archeologico di Divje Babe, in Slovenia, e attualmente esposto al Museo Nazionale di Lubiana. Si tratta di un frammento di femore di giovane orso con alcuni fori distanziati che, secondo gli studiosi, sarebbe il frutto dell’opera artigianale di un ominide di epoca paleolitica, e per tale motivo è ritenuto il più antico strumento musicale dell’umanità. Dal punto di vista etimologico, il termine musica deriva dal vocabolo greco mousikè ovvero l’arte delle Muse, che sono le divinità protettrici delle diverse arti nel mondo classico, quindi non solo quella dei suoni ma anche la poesia e la danza.

I miti greci abbondano di riferimenti musicali: tra questi quello di Orfeo che non si rassegna alla morte di Euridice e che con il suo canto commuove e convince Persefone a restituirgli la sua amata, ma a una condizione. Orfeo deve andare avanti senza mai voltarsi indietro altrimenti perderà Euridice per sempre. Orfeo non resiste alla tentazione, si gira ed Euridice – già avvolta nelle lunghe bende funebri che le inceppavano il passo, come scrive Rainer Maria Rilke nella poesia Orfeo. Euridice. Hermes3 – ritorna, e stavolta per sempre, nel regno dei morti. Orfeo finisce divorato dalle Menadi, le sacerdotesse di Dioniso che gli tagliano la testa e la gettano nel fiume Ebro, ma la testa mozzata di Orfeo continua a cantare. Orfeo voleva possedere Euridice, ecco il senso del suo volgersi indietro per assicurarsi della sua presenza, ma la volontà del possesso è rappresentazione di un cammino che porta inesorabilmente all’inferno. La musica e le arti in generale non possono avere nel cuore il desiderio di possesso, ma l’idea del dono. E un’arte – la musica – quando promuove il dono allora è un canto che non si ferma e continua come memoria di una civiltà, di un’identità, di una cultura. La musica non si possiede. La musica si dona ed è così che assurge al suo essere universale e alla sua immortalità. La musica è potente, è una forza che supera ogni divisione, una sinfonia che lega tutto ciò che è nel cosmo.


Orfeo ed Euridice dagli inferi di Jean Baptiste Camille Corot 1861

La musica non è presente soltanto in alcune figure centrali del mito greco, ma si esprime anche nei primi vagiti della filosofia. Da Pitagora che concepì l’armonia musicale come elemento che, assieme alla matematica, coinvolge tutto l’universo, a Platone che parla della filosofia come musica suprema (Fedone) e mette in evidenza la funzione educativa della stessa verso il bello e verso il buono (Repubblica). Egli sostiene infatti che chi possiede una sufficiente educazione musicale può facilmente accorgersi di ciò che è brutto e imperfetto nell’arte o nella natura, mentre sa provare a cogliere con gioia del suo animo ciò che è bello e nutrirsene e diventare un uomo onesto.4 Se per Platone la musica è educazione volta a rafforzare le tradizioni e i valori della comunità, dopo di lui, Aristotele ne riconosce anche la funzione del divertimento e della ricreazione intellettuale (Politica). Nel corso dei secoli successivi, la musica è rimasta al centro delle riflessioni dei maggiori filosofi dell’occidente. «Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità, eccitandovi un caldo sentimento di pietà. Le lacrime che scorrevano mi facevamo bene»,5 scrive Agostino nelle Confessioni. Poi c’è Schopenhauer, che concepisce la musica come l’arte più concreta e potente che, a differenza delle altre, potrebbe continuare a esistere anche quando l’universo non fosse più.6 Per lui la musica è la più concreta espressione della Volontà del mondo «intima gioia, con la quale vediamo resa parlante la più profonda interiorità del nostro essere».7 E come non citare Nietzsche – che fu filosofo ma anche pianista e compositore – appassionato cultore dell’opera. È la musica, che nella sua eccellenza dà origine a ogni ispirazione dell’uomo, ad attraversare la sua filosofia, l’unica in grado di poter offrire alle passioni di poter gioire di loro stesse (Al di là del bene e del male). Il suo sentirsi orgogliosamente musicista non subirà mai un cedimento nemmeno negli ultimi anni della sua vita: «Forse, non c’è mai stato un filosofo che fosse, au fond, musicista quanto lo sono io», scrive un anno prima della follia al direttore d’orchestra Hermann Levi.

Nella varietà delle arti e delle discipline non è solo la filosofia a essere impregnata di musica, ma anche la letteratura. Quello tra musica e letteratura è un rapporto ancestrale di reciproca ispirazione. L’Iliade e l’Odissea furono diffuse oralmente attraverso cantori itineranti. E si è qui già citato Dante e il suo poema, in cui continue suggestioni sonore sottolineano la narrazione e il suo incedere per metafore ricorda la musicalità di un canto. A dimostrazione di questo legame e di questa reciproca influenza si potrebbero fare molti esempi di autori che si sono lasciati sedurre dalla musica: Giacomo Leopardi, James Joyce, Marcel Proust, Italo Svevo, Gabriele D’Annunzio solo per citarne alcuni. In tempi più o meno recenti numerosi sono anche i musicisti che, a loro volta nelle rispettive produzioni, hanno tratto ispirazione dalla letteratura. Fabrizio De André volge lo sguardo all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Albert Camus con il suo romanzo Lo straniero ispira i Queen in Bohemian Rhapsody. I Pink Floyd con l’album Animals, si sono calati nel mondo visionario dello scrittore George Orwell. E ancora Francesco Guccini, numerosi i brani del cantautore ispirati alla letteratura dall’Odissea a Don Chisciotte e a Madame Bovary. Filosofia, letteratura e poi scienza e medicina come nuovi teatri in cui si orchestrano studi e ricerche, si elaborano teorie e si sperimentano nuovi approcci e forme di cura in cui la musica è protagonista. L’argomento è vasto e impossibile da approfondire in un testo come questo che ha l’obiettivo di mettere sì in evidenza la portata universale e la potenza della musica, ma in un contesto per così dire “insospettabile” che è quello dell’impresa.


Fabrizio De Andrè

Parlare di musica e impresa può sembrare un azzardo. In realtà il lavoro, la fabbrica, il fare impresa e l’arte dei suoni hanno in comune molto più di quanto si possa pensare. Peter Drucker, uno dei padri più influenti della teoria moderna del management, fu tra i primi a sostenere che l’organizzazione aziendale somiglia a un’orchestra sinfonica. Le imprese, come le orchestre, sono comunità di persone organizzate in maniera sistemica per il raggiungimento di obiettivi condivisi. L’impresa è un’orchestra e spetta a chi la dirige non solo il compito di garantire l’eccellente esecuzione di una partitura già scritta, ma anche l’essere portatore di una visione da trasmettere ai propri collaboratori per realizzare un risultato che è responsabilità di tutti e allo stesso modo. Ascolto, armonia, ritmo, melodia, timbro sono elementi multidisciplinari che trovano senso nel campo della musica come in quello dell’impresa.

Saper ascoltare per riconoscere i bisogni e le esigenze degli altri, per lasciarsi emozionare e attivare la creatività. Il ritmo suggerisce il lavoro ben fatto, l’artigianalità, l’eccellenza mentre la melodia richiama a una forma di innovazione continua senza la quale c’è staticità e resistenza al cambiamento. L’armonia come sinonimo di buona organizzazione, e infine il timbro ovvero l’identità di un’impresa. Il rumore delle macchine, il sottofondo prodotto dai motori accesi, il tintinnare degli attrezzi ma anche le sonorità a tratti impercettibili della fabbrica intelligente in cui robot, computer e intelligenza artificiale, sono i protagonisti a fianco delle persone, sono i nuovi strumenti della fabbrica del futuro.
Questo e molto altro ha stuzzicato la fantasia dei musicisti che sono stati capaci di riversare tale universo sonoro in partiture composte ad hoc per le aziende, forme sofisticate di espressione del senso del fare impresa, opere artistiche dall’indiscusso valore culturale che sono garanzia di unicità ed elemento identificativo per chi anche nel mondo del lavoro punta all’eccellenza. Qualche esempio? La Fabbrica illuminata. Si tratta di una composizione di Luigi Nono commissionata dalla Rai per il concerto inaugurale del Premio Italia del 1964, e dedicata agli operai della Italsider di Cornigliano. La finalità era quella di narrare attraverso la musica le dure condizioni di lavoro degli operai nelle acciaierie. Su una base musicale registrata in cui spiccano i rumori e le voci della fabbrica di Cornigliano, s’innestano rielaborazioni elettroniche e una voce da soprano che canta dal vivo su un frammento di Due poesie a T. di Cesare Pavese e su testi di Giuliano Scabia che trascrisse parole di lavoratori e documenti sindacali “catturati” all’interno della stessa fabbrica. Alla fine, il brano non fu eseguito nell’occasione per cui era stato commissionato in quanto, secondo la Rai, conteneva testi giudicati troppo politicizzati, ma a Venezia, nello stesso anno, in occasione del Festival di Musica Contemporanea della Biennale.8

Risale invece al 2017 il brano intitolato Il canto della fabbrica, commissionato dalla Fondazione Pirelli al compositore Francesco Fiore ed eseguito dall’Orchestra da Camera Italiana diretta da Salvatore Accardo in prima assoluta all’interno del Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese durante il Festival MITO SettembreMusica dello stesso anno. Osservazione, ascolto, scoperta. E dialogo tra le macchine (i mescolatori, le calandre, i robot) e i violini, i violoncelli e le viole. Tra i tecnici dell’industria e i musicisti. Ritmi da cui farsi ispirare e da rielaborare. E silenzi, come intervalli della produzione e spazi interiori di risonanza della musica. La produzione si fa suono. La musica dell’Orchestra ne è originale interpretazione.9


Remo Anzovino

Nasce in quest’ottica la collaborazione con Remo Anzovino, che è tra i più influenti e originali compositori e pianisti della musica strumentale contemporanea. Classe 1976, nato a Pordenone da genitori napoletani, avvocato penalista, inizia a scrivere musica da ragazzo. Dal teatro dei burattini ai primi lavori per la Cineteca di Bologna e i film muti, alle colonne sonore di produzioni cinematografiche legate a personaggi e fatti della storia, dell’arte, della letteratura e dello sport quali Frida Kahlo, Napoleone Bonaparte, Elisabetta II, Vincent Van Gogh, Claude Monet, Paul Gauguin, Buster Keaton, Galileo Galilei, Francesco Borromini e Gian Lorenzo Bernini per citarne alcuni. Nastro D’argento nel 2019 per la sua Musica nell’arte con una menzione speciale per le colonne sonore originali dei film Hitler contro Picasso e gli altri, Van Gogh tra il grano e il cielo, e Le Ninfee di Monet. Con la pubblicazione del suo primo disco Dispari, nel 2006, inizia la sua carriera discografica e concertistica in un crescendo di attività e di esperienze che evidenziano nel tempo il suo essere narratore di storie, capace di tradurre in musica sensazioni, emozioni, sguardi e di diffondere bellezza donando a chi ascolta strumenti nuovi per interpretare la realtà, immaginare e sognare. Proprio come suggeriva l’interpretazione del mito di Orfeo di cui si è detto all’inizio. Elegante, raffinata, intensa, evocativa, la musica di Anzovino è capace di suscitare meraviglia. Una musica senza tempo, ineffabile nella straordinaria melodia che ne costituisce la cifra stilistica assieme alla fusione di diversi generi musicali che ne caratterizzano il linguaggio.

«Per me la musica è una pagina bianca scritta dal cuore e dall’orecchio di chi ascolta. La musica è nel suono e il musicista è un alchimista che deve saper organizzare i suoni nello spazio e nel tempo per raccontare delle storie. È questa la magia della musica, la sola cosa che a me interessa».
Remo Anzovino

Una filosofia della musica, quella di Remo Anzovino, che ben si presta a essere applicata anche nel mondo dell’impresa. Un settore in cui il compositore pordenonese si è già espresso in passato per brand quali Bulgari, Alitalia, Chimento Gioielli, Seleco e altri. Una musica che si mette a disposizione dell’impresa da un lato per andare a scrivere con le note quella pagina bianca che ne rappresenta il senso, il significato, la destinazione, e dall’altro per ispirare chi fa impresa attraverso il suo ascolto.
Nel suo ultimo album Don’t forget to fly tra le righe del pentagramma si può leggere un messaggio anche per gli uomini e le donne d’impresa. Si tratta di un concept album – il sesto di studio e il primo completamente piano solo della sua carriera – in cui l’ascoltatore è chiamato a vivere la seconda vita di Icaro. Un album che nasce come atto d’amore per il pianoforte che è da sempre la sua orchestra, pensato e composto nella dimensione di un sogno e registrato nel Teatro Nuovo di Fiesole dove, come narra la leggenda, Leonardo Da Vinci ha effettuato le sue prove di volo. Non dimenticare di volare è il messaggio, l’invito da cogliere che non conosce confini, e una sola frase che accompagna il disco: «Nel mondo del sogno non si vola perché si hanno ali, ci si crede ali perché si è volato». È una citazione di Gaston Bachelard tratta dal libro Psicanalisi dell’aria che ha ispirato il maestro Anzovino nel comporre la sceneggiatura prima ancora della musica. Per Sky Tg24, su una selezione dei migliori 42 dischi pubblicati nel corso dell’anno 2023 effettuata dal giornalista musicale Fabrizio Basso, Don’t Forget to Fly è il miglior album assoluto dell’anno con questa motivazione: «Il suo invito a vivere la seconda vita di Icaro è di una bellezza siderale, è il tappeto volante che ognuno di noi desidera ai piedi del letto».


Don’t Forget to Fly Album

La storia che narra Anzovino – attraverso quella scatola magica che è il suo pianoforte in 42 minuti di musica – non è incentrata sul sogno, sull’idea o sull’aspirazione dell’uomo a volare, ma è un invito a farlo. Volare, questo è il paradigma. E tutti devono provarci. La seconda vita di Icaro (The Second Life of Icarus) inizia quando si è vinta la paura e si è già spiccato il volo. I piedi non toccano più la terra ma accarezzano il vuoto illuminato dall’ultima luna del mattino prima che svanisca nell’alba del nuovo giorno (Morning Moon). Si fluttua e si nuota nell’aria (Air Swimmer). Il cielo è un enorme prato con i suoi fiori (Sky Flowers) mentre stormi di uccelli danzano mimando bellissime coreografie nell’aria (Dance of Birds). Magicamente in mezzo al cielo compare una corda da percorrere sul filo come equilibristi per raggiungere un punto lontano all’orizzonte che attrae (On a Tightrope). C’è il tempo del riposo, su un’amaca, tra le nuvole (Between Two Clouds) che dà energia nuova mentre la forza dei desideri prevale su quella di gravità che è vinta (No Gravity). Si sale ancora fino a incontrare una figura angelica (Like an Angel) che parla con il linguaggio del cuore e che poi svanisce in un orizzonte in cui il cielo è un’immensa foresta di alberi celesti (Celestial Trees). Il sole è vicino e il desiderio di raggiungerlo per sentirsi parte del suo abbraccio vince la paura di bruciarsi le ali (Embrace of the Sun). Il sole accoglie e dona la libertà di volare ancora (Don’t Forget to Fly). L’album si conclude con un accordo dolcissimo ma sospeso che segna il momento in cui si aprono gli occhi. Il sogno è svanito, la musica finisce ma le ali sono sempre lì pronte a far spiccare il volo.

In questo album e in questa storia si può leggere la metafora dell’imprenditore contemporaneo che non ha paura di lanciarsi nel vuoto per realizzare quel sogno che è la propria impresa. Con la giusta consapevolezza e col cuore sempre libero di spingersi oltre l’orizzonte, volare significa, in questo contesto, essere capaci di innovare, di creare, di essere coraggiosi e di trovare e mantenere l’equilibrio in contesti economici e sociali complessi in cui troppo spesso le ali di Icaro sono reclinate verso il basso schiacciate dal peso di una realtà troppo complessa. Volare significa essere parte di un’orchestra di persone per realizzare insieme un sogno, dove ognuno dà il proprio contributo che si somma a quello degli altri, su una partitura, quella dell’impresa, che non si smette mai di scrivere e da cui, giorno dopo giorno, emergono nuovi significati, nuove interpretazioni, nuovi linguaggi.
Un viaggio alla scoperta della musica e della sua potenza universale che si lega all’impresa con le sue suggestioni e la sua intensità che si percorrerà ricordandosi sempre ciò che Nietzsche diceva ovvero che la vita senza la musica sarebbe un errore. E lo stesso vale anche per l’impresa.

1 Riccardo Muti, L’infinito tra le note. Il mio viaggio nella musica, Solferino, Milano, 2019

2 John Blacking, Com’è musicale l’uomo, Casa Ricordi, Milano, 1986, Trad. Domenico Cacciapaglia

3 Rainer Maria Rilke, Orfeo. Euridice, Ermes, 1904, traduzione di Giacomo Cacciapaglia

4 Platone, la Repubblica, 401d-402a

5 Agostino, Confessioni, 9, 6, 14

6 A Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione

7 Ibidem

8 https://genioeimpresa.it/article/2787/scelti-per-voi-musica-il-rapporto-tra-autori-e-compositori-con-l-impresa-e-la-fabbrica/

9 https://www.fondazionepirelli.org/it/iniziative/il-canto-della-fabbrica-ecco-come-la-musica-racconta-lindustria-hi-tech-i-suoi-ritmi-e-i-suoni/

 

Condividi su: