Tutto ha inizio da un libro. S’intitola “Ritorno a Utopia”, scritto dal filosofo Roberto Mordacci e pubblicato da Laterza Editori. Il libro ha un intento ben preciso: riabilitare il concetto di utopia interpretato per lo più come qualcosa di irrealizzabile, impossibile se non addirittura come un inganno. L’autore – a partire dall’opera che ne ha coniato il nome, l’Utopia di Thomas More scritta nel 1516 – intende riscoprire il senso profondo e soprattutto definire l’essenza dell’utopia per provare a tracciare l’immagine credibile di un futuro in vista del quale agire con decisione.

Di utopia abbiamo urgente bisogno, oggi, e occorre, di fronte alle contorsioni folli dell’attuale assetto del mondo, riscoprire la profondissima ragionevolezza del pensiero utopico, il suo realismo, la sua concretezza. E la sua validità anzitutto politica, non solo letteraria o intellettuale.

R. Mordacci, Ritorno a Utopia, Editori Laterza, Roma 2020

Leggo il libro, intervisto l’autore, rileggo per tre volte “Utopia” di Thomas More. È stata una folgorazione. Il mio viaggio di ritorno a Utopia era già iniziato. La navigazione è stata lunga, a tratti faticosa, fino a quando ho visto in lontananza un’isola che mi chiamava a sé e ho sentito che quella era la mia casa. Quell’isola oggi si chiama Utopia impresa, un approdo sicuro per le imprese che vogliono realizzare la loro utopia.

L’Utopia di Thomas More nasce da una critica della società inglese del XV° secolo e del suo malgoverno, di cui More, attraverso la figura del marinaio-narratore Raffaele Itlodeo, elenca i difetti e le contraddizioni sociali ed economiche. E si sviluppa nella narrazione di Utopia che è l’immagine di una società giusta, ben funzionante, in cui si è ragionevolmente felici e capaci di vivere in modo giusto. L’innovazione che caratterizza l’opera di More non consiste in una ricetta della società ideale da replicare al bisogno, ma in un modello di pensiero, quello utopico, che partendo da un’analisi critica del presente consenta di individuare, attraverso l’immaginazione, i tratti salienti della società che si auspica come buona e giusta per poterla concretizzare.

Nel mio viaggio di ritorno a Utopia ho incontrato l’imprenditore italiano e ho visto in lui un moderno Raffaele Itlodeo: un narratore di utopie capace di immaginare un nuovo modello d’impresa che sia orientata al futuro e di realizzarla. Quando l’utopia incontra e abbraccia l’impresa ecco che si genera una grande opportunità di rinascita e di crescita. Una crescita sostenibile, culturale, sociale e anche economica. Il modello utopico spinge l’impresa all’immaginazione di ciò che vorrà essere e diventare. E l’immagine – che sarà critica, razionale, realistica e con l’obiettivo di trasformare o migliorare il presente – si concretizzerà attraverso la narrazione.

In questo senso l’imprenditore contemporaneo va considerato come un narratore di utopie capace di dire il vero come afferma lo stesso Raffele Itlodeo: «Se si vuol dire la verità bisogna parlare con verità». Questo sarà il verbo dell’imprenditore “utopiano”. E il vero si nasconde dietro alla fondamentale ricerca di senso che tante imprese oggi sembrano aver perduto. Un senso che è la risposta a una domanda importante: “perché facciamo impresa?”

In questa risposta si esprime il patrimonio intangibile dell’impresa: un vero e proprio capitale fatto di elementi immateriali quali l’identità, i valori, la cultura dell’impresa ma anche l’esperienza, il saper fare, la memoria. E di questa nuova narrazione che sarà rigenerata cioè di senso e di sostanza – ben lontana dai fasti di uno storytelling abusato e travisato dalle mode e dalla superficialità – si alimenteranno le imprese utopiche. E lo faranno anche grazie a una nuova mescolanza di saperi e discipline – come l’arte, la filosofia, le scienze, la sociologia, la filologia – che entreranno nelle aziende per spingerle a forme d’innovazione mai sperimentate prima. E lo faranno grazie gli imprenditori che riscopriranno così il coraggio della committenza che in passato ha alimentato grandi Utopie da Aldo Manuzio a Giovanni Treccani degli Alfieri e poi ancora Adriano Olivetti. A questo compito è chiamata oggi l’impresa. E con questo spirito nasce Utopia impresa per sostenerle lungo questo viaggio.

E di utopia c’è tanto bisogno se guardiamo al mondo contemporaneo e in tutti i contesti non solo in quello imprenditoriale perché, come scrive Roberto Mordacci che oggi è tra gli ambasciatori di Utopia impresa: «Un pensiero utopico non è un lusso, non è il gioco di pensatori oziosi. È la risorsa fondamentale per i periodi di crisi profonda, per i rivolgimenti di sistema, per le fasi di svolta nella storia».

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